Abbiamo un governo tecnico, a malincuore sostenuto dai parlamentari, perché altrimenti avremmo rischiato il default. In definitiva siamo commissariati, perché c’è stato il fallimento della  politica. Tanti anni di governo incauto e sprecone ci hanno portato ad un passo dal baratro e per evitare di caderci dentro, “per responsabilità e amor di patria”, almeno a sentir loro, deputati e senatori hanno deciso di farsi da parte. Già farsi da parte, in altre parole addossare l’onere a dei non eletti di: far approvare l’impopolare e strappalacrime riforma sulle pensioni; praticare dolorosissimi tagli di spesa; aumentare le entrate con l’introduzione di nuove tasse.

Attenzione però a non andare oltre, la sfiducia è costantemente in agguato. Se i ministri volessero proporre delle modifiche alla legge elettorale, prospettare una riduzione dei seggi delle due camere, presentare un progetto di riforma della RAI, assumerebbero un comportamento antidemocratico in quanto sconfinerebbero in un campo di esclusiva prerogativa del parlamento. E invece, mai come in questo momento, un governo tecnico potrebbe offrire più garanzie di sovranità popolare rispetto ad un governo politico. Proviamo a capire perché.

I politici  rappresentano la volontà  dei cittadini  e fanno le leggi per il popolo e non per se stessi. Se l’intera normativa che regolamenta i parlamentari fosse scritta da  poteri diversi e fosse approvata direttamente dai cittadini, ci sarebbe assoluta trasparenza e non si rischierebbe il conflitto di interessi. Stento a credere che i parlamentari possano essere imparziali nel decidere di autoridursi, di complicarsi la candidatura e di rinunciare ai vantaggi di lottizzare  un pubblico servizio.

Conviene ricordare che la democrazia non è il governo del parlamento, ma il governo del popolo. Difatti, i parlamentari, una volta insediati, dovrebbero rappresentare soprattutto gli elettori, poco il partito e ancora meno se stessi.  Se non mantengono le promesse fatte per conquistare la fiducia, saranno i cittadini a decidere se riconfermarli. E se non riescono a governare? Moretti girotondino, in un discorso, ha toccato un tema, quanto mai attuale e di grande interesse.

Riferendosi ai politici: “……il loro mestiere è fare politica………. devono cercare l’unità, devono presentarsi e restare uniti”. Proprio così, rimanere uniti, se non ci riescono, non sanno fare il loro mestiere e devono farsi da parte. Ma litigano tutti! Non vanno d’accordo nella stessa coalizione, si dividono, si trincerano nelle correnti, si accusano per niente, si gettano fango, si offendono, si calunniano. È mai possibile che nessun politico sappia fare il proprio mestiere?

Viene da pensare, piuttosto, che i politici siano dei maestri nell’adempiere le proprie funzioni.  Quando si tratta di votare dei provvedimenti che riducono i loro privilegi o danneggiano i loro protetti, i parlamentari non raggiungono la maggioranza necessaria per l’approvazione. Se invece una normativa apporta dei vantaggi alla “casta”, in breve tempo e con la complicità di un’opposizione morbida e di facciata, la proposta diventa legge dello stato. Un esempio tra tanti: il Porcellum.

Ma allora come si fa a mandare a casa dei professionisti così bravi a restare uniti solo per occuparsi di decisioni che aumentano il loro potere e i loro privilegi? Ci vorrebbe una legge ad hoc! Un riferimento circolare: purtroppo la soluzione è il problema da risolvere.

I nostri vicini elvetici, in una situazione simile, si comporterebbero più o meno così: i governanti, sentito anche l’autorevole parere degli stessi onorevoli, sottoporrebbero al giudizio degli elettori le modifiche da apportare alle leggi; i politici, da parte loro si schiererebbero e motiverebbero la bontà e la convenienza di una scelta; il popolo, infine, esprimerebbe il proprio gradimento attraverso il voto. 

E noi? In uno stato di sedazione cosciente, assistiamo, inquieti e rassegnati, ai litigi tra i parlamentari, aspettando che arrivino i barbari di Costantino Kavafis. Sono “…una soluzione, quella gente….quando verranno”, faranno le leggi.

Salvatore Carrano 20 marzo 2012