Fino a pochi mesi fa i commenti istituzionali all’incombente crisi erano morbidi, smorzati, persino snobistici. I nostri governanti ci rassicuravano che in Italia la crisi non c’era e se pure si avvertiva era meno grave rispetto agli altri paesi ed era oltretutto solo una crisi di riflesso, derivante dagli effetti della globalizzazione.
Vi ricordate? Non è trascorso poi tanto tempo: viviamo in “un Paese benestante…….I consumi non sono diminuiti, i ristoranti sono pieni, si fatica a prenotare un posto sugli aerei, è colpa dell’euro”. Convinti fino alle dimissioni.
Mentivano? Ci prendevano in giro? Non volevano scatenare inutili allarmismi? O semplicemente i governanti erano davvero persuasi che in Italia non ci fosse crisi?
Avevano ragione! In Italia la crisi non c’era, non sarebbe arrivata, o al massimo ci avrebbe solo sfiorato se, proprio loro, i politici al potere avessero preso tempestivamente decisioni efficaci o se addirittura, con delle manovre inadeguate, non avessero trasformato un rischio potenziale in una concreta e inquietante emergenza.
“La crisi del debito italiano fu scatenata da tre ragioni combinate: l’enorme stock di debito, soprattutto se rapportato al Pil; la scarsa o assente crescita economica;la scarsa credibilità dei governi e del sistema politico, spesso apparso privo di decisione o tardivo agli occhi degli osservatori internazionali e degli investitori”. Tre ragioni combinate, ma le ultime due dipendono dalla causa principale: l’eccessivo e preoccupante debito.
La crisi negli USA ha una natura finanziaria ed è causata dai mutui subprime, in Europa è legata alla sfiducia circa la solvibilità del debito sovrano. La Grecia subisce il declassamento fino a “junk bond” delle proprie obbligazioni e successivamente il contagio si diffonde a Portogallo, Spagna e Irlanda. L’Italia viene colpita per ultima. Dopo aver atteso invano una convincente e risolutiva risposta del governo a dimostrare l’affidabilità, alla fine le agenzie di rating decisero il declassamento del nostro paese ad una posizione medio-bassa in termini di solvibilità.
Per dirlo con l’analisi tecnica, “il mercato sconta tutto” ossia se lo spread BTP/Bund tende al rialzo “incorpora già tutti quei fattori di tipo fondamentale, politico, psicologico, monetario, economico etc. che ne hanno determinato l’andamento”. Il titolo di un mercato riflette e sconta tutto ciò che i partecipanti al mercato conoscono.
Eppure c’erano le avvisaglie e tanto tempo per mettere in sicurezza il debito pubblico, bastava blindare il nostro punto debole mettendolo al riparo dalle speculazioni del mercato e oggi gli italiani parlerebbero di vacanze, investimenti, beni voluttuari.
Le nostre banche, poco esposte nell’investimento in titoli tossici, non avevano, almeno all’inizio della crisi, grossi problemi di liquidità. Solo in seguito, a causa della contrazione dei consumi e del conseguente rallentamento della produzione industriale, gli istituti di credito hanno cominciato a denunciare un aumento delle sofferenze. La mancata restituzione dei prestiti alle banche si ricollega alla crescita economica frenata dagli interventi del governo che, tramite i dolorosi tagli, ha sottratto ricchezza alle famiglie, impoverendole e provocando un sensibile calo dei consumi. Le imprese più fragili sono state costrette a chiudere l’attività, le aziende sopravvissute hanno reagito adeguandosi alla diminuzione della domanda, hanno ridotto, quindi, la produzione e spesso, purtroppo, anche il personale.
Le misure del precedente governo rivolte al contenimento della spesa hanno prodotto, come abbiamo visto, un freno alla crescita. I provvedimenti mirati all’aumento delle entrate sono invece svaniti, per la gran parte, in frutti per i possessori, sono serviti cioè per convincere gli investitori a rinnovare i titoli di stato, ma siccome correva voce che le nostre garanzie di solvibilità non fossero tra le più solide, siamo stati costretti ad invogliarli con un allettante rendimento.
Consapevoli delle difficoltà di continuare a governare, esausti dagli sforzi compiuti per restare uniti, avviliti e scoraggiati dai risultati ottenuti per contrastare la crisi, i politici al potere decidono di gettare la spugna. Dopo l’approvazione delle misure di stabilità, il capo dell’esecutivo, privo ormai di una maggioranza parlamentare, sale al Colle per rassegnare le dimissioni. Di lì a breve, l’incarico di portare il Paese fuori dall’emergenza, viene affidato ad un governo tecnico, presieduto dal neo senatore Mario Monti. “Ma questa è un’altra storia e si dovrà commentare un’altra volta”
Salavatore Carrano 3 aprile 2012