Una multa, “nell’uso più comune, è una pena pecuniaria stabilita per le contravvenzioni” e si deve pagare quando si verifica la “trasgressione a un divieto contenuto in una norma giuridica”. La tassa è un prelievo volontario a copertura di una spesa, parziale o totale, per dei servizi offerti dallo Stato ai privati cittadini su loro richiesta.
Una multa ha quasi sempre uno scopo socialmente benefico e funge da deterrente all’inosservanza delle disposizioni di legge (si pensi a quanti userebbero le corsie autostradali come piste da formula uno se non ci fossero i tutor). Una tassa consente allo Stato di coprire il costo (in genere solo una frazione) per l’erogazione di un servizio e offre al cittadino la possibilità di avvalersi di una prestazione a un prezzo inferiore rispetto al valore del servizio offerto. Anche la tassa, da questo punto di vista, è legata a un proposito di incremento del benessere collettivo perché rappresenta l’unica possibilità di soddisfare un bisogno per quelle persone che non potrebbero pagare l’intero costo della prestazione (ad esempio con le tasse scolastiche lo Stato copre appena una minima parte del servizio reso con l’istruzione pubblica). Allora come mai quando riceviamo una multa diventiamo furiosi e ogni volta che sborsiamo moneta per tributi siamo intrattabili?
Per l’ammenda, spesso siamo convinti che serva solamente a mungere le borse dei cittadini e poi, in cuor nostro, anche quando siamo coscienti di meritarla, speriamo sempre di trovare un cavillo o una speciosa giustificazione per farla franca; ma la cosa che più ci disturba è pensare che altri (i soliti furbetti), pur avendo come noi contravvenuto ad una norma possano, magari con un atteggiamento di arrogante noncuranza, vantarsi di poter sfuggire al pagamento della violazione. Per le tasse, i motivi che turbano la nostra serenità, sono più materiali e variano in funzione della capacità contributiva.
Chi denuncia un reddito medio-alto, quando è chiamato a versare il contributo per usufruire di una prestazione (ad esempio il ticket sanitario), si sente taglieggiato in quanto pensa di averne già acquisito il pieno diritto con l’eccessivo e forzato prelievo sull’imponibile. Apriti cielo e al via con le frasi di sfogo tipo: “In Italia si lavora per lo Stato! Sono stanco di pagare anche per i fannulloni! Mi stanno dissanguando!” e altre colleriche esclamazioni in tema.
I nuclei familiari con redditi medio-bassi ponderano l’eventualità di usufruire della prestazione pubblica spesso rinunciandovi perché non hanno la liquidità necessaria per coprirne nemmeno il parziale costo. I benestanti provano un sentimento di fastidio e di indignazione verso uno Stato troppo esoso ma, avendone la possibilità, utilizzano la prestazione e dimenticano l’accaduto.
I meno abbienti vivono la disperazione e la vergogna, soprattutto quando, dovendo soddisfare un bisogno primario (sanità, istruzione, ma anche le tasse automobilistiche o il canone RAI), non hanno la disponibilità per coprire l’imposizione. I ricchi si sentono tartassati in proporzione al reddito e, quando possono, ricorrono all’evasione; i cittadini con modiche risorse subiscono le vessazioni e dignitosamente riducono i consumi limitandosi all’essenziale. Ed è proprio quest’ultimo aspetto, il fenomeno della riduzione dei consumi, che andrebbe attentamente valutato quando si decide di aumentare il prelievo fiscale, perché se le tasse, così come le multe, producono limitazioni e rinunce, bisogna convenire che la rinuncia a trasgredire un divieto “è cosa buona e giusta”, limitare invece i consumi, soprattutto in tempo di crisi quando ci si strugge per la crescita e lo sviluppo, appare quanto meno sconveniente.
Se le multe distolgono dal compiere una trasgressione, le tasse scoraggiano i consumi; ma, mentre la constatazione dell’esiguo numero di infrazioni che si verificano nella propria giurisdizione rappresenta per lo Stato un invidiabile riconoscimento di civiltà e di progresso sociale, rilevare un calo dei consumi può essere causa-effetto di un pericoloso sintomo di recessione.
In una nazione che persegue il benessere dei suoi residenti, la multa dovrebbe essere introdotta con l’obiettivo di evitarla e una tassa si dovrebbe farne a meno di istituirla. Purtroppo in Italia sia le multe e sia le tasse servono a fare cassa e ad accrescere il rancore dei cittadini verso dei politici indaffarati a prendersi cura soprattutto delle loro esigenze. Della multa bisognerebbe preservarne le finalità di scoraggiare le infrazioni. Per la tassa si dovrebbero salvaguardarne le buone intenzioni garantendo il servizio che ne ha generato l’introduzione, abolendone però il prelievo specifico; il costo della prestazione andrebbe coperto con le imposte sui redditi.
Salvatore Carrano
21 agosto 2012