Stiamo attraversando un momento critico, incerto, e non riusciamo a intravedere un barlume di luce che ci faccia sperare in un ritorno alla smarrita normalità. La normalità che intendo è un modo di vivere “regolare e consueto, non eccezionale, casuale o patologico” basato su insegnamenti e valori come la formazione, la sistemazione (magari col lavoro a tempo indeterminato), la famiglia, il risparmio, gli investimenti, la meritata pensione.
L’ultimo quinquennio, invece, caratterizzato da uno stile di vita affannoso e straordinario, ci ha duramente messi alla prova imponendoci il lavoro precario, i “bamboccioni”, la disoccupazione intellettuale, la fuga dei cervelli, il sogno della pensione, le difficoltà a risparmiare e ad arrivare a fine mese con le assottigliate entrate. Un post-sessantottino, ammansito dall’età, avendo vissuto l’involuzione potrebbe tranquillamente affermare che l’emergenza e l’incertezza sono ormai la nostra nuova normalità.
Ci hanno snaturato la normalità e noi non abbiamo fatto niente per impedirlo, ma ancor peggio, non ci siamo nemmeno resi conto di come sia potuto accadere. È successo perché si sono impadroniti della giustizia. Ci hanno privato della giustizia sociale misconoscendo gli altrui diritti e calpestando il rispetto della legge.
Quando un privato cittadino commette un reato, subisce un processo e viene punito con le specifiche sanzioni. Se un politico si appropria di qualche milione di euro, fa affari con la malavita organizzata, dispensa favori in cambio di tangenti o sostanziose regalie, è vittima di un complotto. Se un’intera classe politica, sperperando e rubando, trasforma delle operose ed oneste categorie di lavoratori in disperati con l’incubo del debito e dello spread, la colpa è della globalizzazione, dell’euro e dei mercati finanziari. Ma non solo, gli stessi governanti, costretti ad adottare delle dolorose misure di risanamento, sanzionano pesantemente chi è già stato duramente colpito dalla crisi. Per quali colpe? E ancora, fino al raggiungimento del massimo dell’ingiustizia, i (politici) colpevoli, oltre a restare impuniti, si ergono a giudici e infliggono pene (economiche) senza appello a deboli e innocenti, con la cattiveria tipica di chi, per espiare la proprie colpe si maschera integerrimo e severo.
Sottraendoci la giustizia sociale, ci hanno trasformato la normalità in ristrettezza, inquietudine, e noi gente comune abbiamo permesso che ciò avvenisse. Ma perché non abbiamo fatto qualcosa per evitare che potesse accadere? Perché, prima di spogliarci della giustizia e stravolgerci la normalità, ci avevano già svilito la coscienza.
I parlamentari, dediti principalmente al levantinismo, si sono occupati solo di se stessi. Noi, comuni cittadini, (un rimando al mio articolo precedente chiarisce l’espropriazione della coscienza ed evita di ripetermi) resi politicamente irresponsabili dalla mistificazione della realtà, abbiamo avallato e perfino caldeggiato l’operato svolto dai politici; il risultato: dei governi che non hanno governato e l’impoverimento morale e materiale. È pur vero che in questi anni si sono susseguiti tanti movimenti di protesta, ma, molti di essi sono svaniti nel nulla, altri, materializzandosi, hanno prodotto, con sommo giubilo dei due grandi partiti, amministratori e poteri peggiori di quelli da cui ci si voleva liberare (ad esempio la Lega).
“Non va bene che colui che fa le leggi le applichi, né che il corpo del popolo distolga la propria attenzione dalle questioni di interesse generale, per rivolgerle agli oggetti particolari”. Dopo circa trent’anni dalla pubblicazione di queste parole, tremendamente attuali nel ritrarre fedelmente la nostra storia politico-sociale recente, successe un evento talmente dirompente e incontenibile da far perdere la testa ai potenti dell’epoca.
Si verificherà di nuovo? Io spero e credo di no. Per esserci rivoluzione, la “protesta incosciente” deve estendersi alla maggioranza dei cittadini, ed inoltre, l’esteso, rabbioso e tangibile dissenso deve essere accompagnato da un impoverimento materiale drammatico e diffuso. Prima di arrivare a questi estremi, conviene riappropriarci della nostra coscienza e produrre una classe politica responsabile ed efficiente. Di seguito, pretendendo e ottenendo leggi giuste per tutti, controllando minuziosamente i governanti come si fa con i minatori all’uscita delle miniere di diamanti, ripristinando la moribonda giustizia, potremmo recuperare gradualmente quella monotona, rassicurante e spensierata normalità perduta.
Se sapremo maturare una coscienza autonoma e consapevole, se sapremo smentire la massima “si può acquistare la libertà; ma non la si recupera mai”, non ci sarà rivoluzione.
Salvatore Carrano
11 maggio 2012