Chi non sta promettendo quello che ci aspettiamo? Ma forse che qualcuno le manterrà le promesse? No. Noi vogliamo essere meno lusingati,ma un po’ più accontentati!
Prendo in prestito la struttura di una storica epigrafe per richiamare l’attenzione sulle promesse elettorali. Non è, infatti, improbabile che dopo le elezioni, la coalizione che andrà al governo anziché affaccendarsi per mantenere fede agli impegni assunti verso i cittadini, si dedicherà, ancora una volta, principalmente alla salvaguardia degli interessi della classe politica nel suo insieme.
La situazione dello Stato italiano in questo momento è straordinariamente difficile e il futuro esecutivo presumibilmente potrà, con il suo operato, imboccare la via della ripresa o accompagnare con un’ultima lieve spinta – ma può bastare anche l’immobilismo – la nazione alla disperazione. È un sentimento, la disperazione, è lo stato d’animo delle persone che hanno sepolto la speranza.
Chi si sente oppresso dallo sconforto causato da gravi difficoltà economiche, non è ancora un disperato; la speranza lo separa dal diventarlo. Per queste persone le prossime elezioni politiche sono la speranza. Anche la speranza è un sentimento e consiste nell’aspettazione fiduciosa che si realizzi quanto si desidera.
Si può pensare che il motivo principale per il quale l’elettore assegna il proprio voto a un partito possa essere la speranza che si avveri un’aspettativa? Certamente sì. Il voto è l’espressione di una volontà esercitata per manifestare un proprio convincimento. Si può dare il voto per protesta, per appartenenza, o, come maggiormente avviene, per aspettazione fiduciosa.
In questa competizione elettorale i voti di protesta hanno destinazione certa, si tratta solo di stabilirne la quantità e, quanto meno saranno convincenti le promesse delle altre coalizioni, tanto più sarà elevato il numero delle preferenze che andrà al movimento che incentra la campagna elettorale sulla disapprovazione e sul malcontento. “Assai più larghi promettitori che non mantenitori voi foste sempre” e “questa volta non mi importa chi verrà, ma voi dovete andare a casa”. Chi sceglie di votare con questa motivazione ha perso completamente la fiducia nei parlamentari in carica, ne vuole l’allontanamento a qualsiasi costo e non si lascia attrarre dalle promesse, provandone piuttosto fastidio e insofferenza.
Quelli di appartenenza non sono conquistabili, sono voti di tesserati e addetti ai lavori; non sono pochi: qualche milione, sono suddivisi in base alla forza elettorale del partito e non influenzano l’esito finale della contesa.
Sicuramente, la coalizione che saprà raccogliere il più alto numero di voti espressi per aspettazione fiduciosa, vincerà la prossima consultazione elettorale. I politici ne sono consapevoli e si affannano a conquistare consensi offrendo promesse. Quando viene fatta, la promessa, non costa niente, è un impegno senza garanzie che ha l’unico scopo di persuadere o convincere i cittadini a esprimere il proprio suffragio in favore dei promettitori.
Apparentemente più la promessa è allettante e maggiore dovrebbe essere la sua forza persuasiva. Tuttavia, a “spararla grossa” si corre il rischio di non essere creduti. Inoltre, quando una promessa si prefigge l’intento di compiacere una categoria sociale, quasi certamente genera nello stesso tempo contrarietà tra le fasce di popolazione escluse dal potenziale beneficio. Insomma una promessa deve infondere la speranza che possa verificarsi la convenienza dell’offerta e non deve presentare “effetti collaterali” superiori al vantaggio che produce. Inoltre l’insieme delle promesse deve lasciare presagire uno scenario post-voto che dia certezza di governabilità al Paese e garantisca l’attuazione di importanti trasformazioni dell’ordinamento politico, economico e sociale, comunque senza sovvertimenti; solo graduali riforme che mettano un po’ di ordine nei conti pubblici, favoriscano una drastica riduzione della disoccupazione e assicurino una maggiore equità nella distribuzione della ricchezza.
Chi vota per aspettazione fiduciosa non pretende altro e la coalizione che saprà far apparire realizzabili queste promesse, uscirà vittoriosa dalle prossime elezioni.
Salvatore Carrano
25 febbraio 2013