“Il fine ultimo delle politiche economiche deve essere la creazione di occupazione, soprattutto dopo una crisi che ha fatto registrare la perdita di circa 60 milioni di posti di lavoro”. Sono parole pronunciate al G20 dal ministro Pier Carlo Padoan, introducendo la sessione su crescita e lavoro. “La crescita globale, è stato il ragionamento, in questo momento non sembra essere in grado di raggiungere lo scopo”.
Quali sono allora le politiche economiche che creano occupazione? E se la crescita globale non è in grado di creare e recuperare occupazione, il governo vorrebbe forse introdurre manovre protezionistiche per favorire i consumi nazionali?
Si è disposti a comprare prodotti stranieri, magari anche di dubbia qualità, solo a prezzi convenienti. Se questi beni venissero gravati da imposte esagerate da renderli costosi quanto i prodotti nazionali, i consumi di beni importati calerebbero drasticamente. Apparentemente potrebbe sembrare un provvedimento tanto efficace quanto scontato. Invece sarebbe un autogol perché i paesi esteri interessati adotterebbero sicuramente contromisure che ridurrebbero le nostre esportazioni e probabilmente il vantaggio della scelta protezionistica sarebbe annullato dal calo delle vendite all’estero. Oltre tutto la scelta protezionistica provocherebbe due effetti, sicuramente negativi e non trascurabili: una contrazione di posti di lavoro di tipo specialistico necessari per produrre beni di lusso o comunque ad alto contenuto qualitativo e violazioni, con successive sanzioni, dei trattati economici europei e internazionali.
Inoltre, il progresso tecnologico (che non può essere arrestato) riduce il lavoro fisico, pur aumentandone l’efficienza, e cancella posti di lavoro. La produzione cresce e i posti di lavoro diminuiscono. È la cosiddetta “jobless grouth”: la crescita senza lavoro che fa sì crescere l’economia di una nazione, ma ne impoverisce la sua gente a causa della riduzione dei posti di lavoro. Il lavoro intellettuale e specialistico, però, non risente di questo fenomeno negativo limitando una perdita alle sole mansioni ripetitive. E allora, puntando sull’innovazione e specializzando l’occupazione principalmente nella produzione di beni ad alto contenuto qualitativo e innovativo, si aumenterebbero le esportazioni, la produzione e anche i posti di lavoro. Se poi, attraverso i media e l’educazione scolastica, il governo promuovesse anche una campagna contro lo spreco, il consumismo e l’esterofilia, la crescita economica dell’Italia e l’occupazione ne trarrebbero sicuro beneficio.

Salvatore Carrano

12 settembre 2015