Il governo tecnico, dal suo insediamento, ha ottenuto elogi e riconoscimenti riconducibili all’aumento di credibilità ed alla tempestività nel prendere decisioni scomode e dolorose che i governi eletti non sono mai riusciti nemmeno a portare a votazione. Il mercato finanziario sembrava gradire, e lo ha manifestato regalandoci 200 altalenanti punti di spread che ci hanno fatto pensare alla fine dell’emergenza e alla possibilità che potesse cominciare la ripresa.
L’esecutivo Monti ci ha restituito anche l’autorevolezza e il prestigio internazionale che avevamo perduto. Il comportamento dei ministri, a parte qualche inopportuna e cattedratica affermazione, è risultato irreprensibile, in perfetta sintonia con le circostanze e sempre rispettoso nell’utilizzo dei benefici a disposizione. Garbo, compostezza e competenza sono riapparsi nelle trasmissioni televisive e finalmente si è tornato a discutere di riforme e leggi da proporre per il Paese.
Non riesco a trovare altri elementi a favore dell’operato di questo governo e soprattutto non vedo vantaggi, in termini di migliorato o almeno recuperato benessere, per i ceti meno abbienti. Anzi, l’aumento della pressione fiscale, l’incremento della disoccupazione, la chiusura di migliaia di imprese, hanno aggravato tanti bilanci familiari e, quando saranno finiti i risparmi per coprire lo squilibrio, le tensioni saliranno alla massima intensità.
Verrebbe da obiettare che è prematuro valutare l’azione dell’esecutivo: è trascorso così poco tempo perché possa aver completato il percorso delle riforme e delle misure di risanamento. Il trattamento però avrebbe già dovuto manifestare dei sintomi di miglioramento e se non ci sono stati, è probabile che il rimedio non sia efficace. Corre voce che il governo, per rispettare gli obiettivi di bilancio, potrebbe essere costretto a varare nuove misure di austerità; tassi di interesse troppo alti e recessione ne sarebbero la causa.
La conferma, purtroppo, dell’inefficacia della terapia. Si continua a sottovalutare ed ignorare la pericolosità dell’enorme debito pubblico, non si favorisce la crescita, e le misure adottate per il contenimento della spesa pubblica, principalmente a danno dei redditi medio-bassi, frenano i consumi e favoriscono la recessione. D’altronde, è bastato un primo ripensamento degli investitori, qualche rallentamento sulla riforma del lavoro, uno scandalo politico di troppo e il differenziale con i Bund germanici, inesorabilmente, è ritornato sopra la soglia della sopportabilità.
Penso che l’esecutivo abbia anche delle difficoltà a conciliare la propria volontà d’agire con gli interessi e i consensi dei partiti. Non c’è stata, infatti, equità nel prelievo delle risorse e alcune categorie sono uscite indenni, se non rafforzate, dalle bastonate. Le modalità operative nell’affrontare le misure di risanamento hanno viaggiato, inoltre, a due velocità; duri e irremovibili con le classi deboli, arrendevoli, accomodanti e clementi con le corporazioni. La riforma delle pensioni è stata approvata senza cedere di un niente, con i taxi si è arrivati invece al dietrofront e con i notai l’intervento si è limitato al costo zero per le pratiche dei giovani.
Si percepisce la sensazione che l’attuale governo sia stato commissionato dai parlamentari. L’esecutivo agisce in nome proprio per le misure sgradite e impopolari rivolte ai privati cittadini; tutela, nello stesso tempo, gli interessi dei committenti, preservandone, e magari accrescendone i già innumerevoli benefici. I più deboli non sono certamente la causa della crisi, eppure ne subiscono i pesanti effetti e sono i soli a pagarne le conseguenze.
Ecco perché il Paese “non è pronto”. Ascoltando la gente comune ho cercato di raccogliere le molteplici opinioni, le ho condensate e ho pensato di farmene umilmente portavoce con una riverente e riguardosa istanza rivolta all’attuale esecutivo.
“Disobbedite, non ascoltate i parlamentari, essi non vi daranno buoni consigli e saranno comunque di parte. Proponete e fatevi approvare quelle giuste leggi che noi cittadini ci aspettiamo e ricordate agli onorevoli che se pure hanno perso, quasi del tutto, la fiducia degli elettori, il loro compito principale è ancora di rappresentare la nostra volontà. Consolidate il debito; toglietelo dalle nostre già sovraccariche spalle e trasferitelo, a lungo termine e con l’aiuto delle banche, sui beni materiali. Liberateci dallo spread e dagli assalti improvvisi e devastanti del mercato. Favorite la crescita, destinando ogni minima risorsa disponibile alla creazione di nuove aziende, noi italiani siamo bravi nel fare impresa; tanti nostri prodotti sono sinonimo di ingegno, qualità e raffinatezza nel mondo intero. Diffondete e difendete la cultura d’impresa, convocate le parti, parlateci e convincetele che dipendenti e padroni spesso perseguono lo stesso obiettivo.
Distribuite giudiziosamente ed equamente le risorse senza pensare, come finora è stato fatto, ad uno stato da mungere ma ad una collettività organizzata che mira alla pace sociale e al benessere dei cittadini. Fate in modo che si sappia che non ci si può arricchire con i soldi pubblici, lo stato distribuisce la ricchezza con lo scopo di creare armonia, consenso ed equità; mai tensioni, conflitti e divisioni.Persuadete i più abbienti che in caso di crisi è un gesto di grande generosità rinunciare ad una piccola parte dei propri benefici a favore dei soggetti meno fortunati. Fate cessare le ruberie ponendo fine alla discrezionalità nell’impiego delle risorse pubbliche, responsabilizzate i beneficiari e, se necessario, usate anche la tagliola. Non finanziate lo spreco e l’intrallazzo, ma elargite per incentivare lo sviluppo, le idee e le innovazioni. Pretendete, in ogni caso e sempre, la massima trasparenza.
Se lasciate intravedere delle prospettive di crescita, se dimostrate equità, se offrite un piccolissimo segno materiale di aumentato benessere per i meno agiati, il popolo capirà, “sarà pronto” e apprezzerà l’azione del governo.”
Salvatore Carrano 11 aprile 2012